Da un anno Gino Napolitano è presidente della Consulta delle associazioni della VI Municipalità. L’obiettivo di questo organismo è creare sinergie tra gli attori che operano nel terzo settore, nel ramo culturale del territorio di Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio. Un lavoro che con A.C.Q.U.A. si sta allargando anche agli attori economici del territorio.
Cosa vuol dire essere il presidente della Consulta delle associazioni di Napoli est e quali sono le sfide da affrontare nell’immediato?
«Sono impegnato sul territorio da tanti anni, il mio percorso di vita e non solo viene proprio dal mondo associativo: ho iniziato a muovere i primi passi a Barra e sono uno di quelli che non è scappato da Napoli est. Essere il presidente della Consulta delle associazioni del territorio è una sfida interessante, il mio obiettivo è quello di mettere insieme e sempre più in sinergia e in comunicazione le realtà del territorio che hanno spesso idee, valori, colori e opinioni diverse».
I quartieri di Napoli est presentano un ricco e variegato tessuto associativo.
«Napoli est è piena, pienissima di associazioni, spesso poco conosciute e, talvolta, poco inclini a mettersi in rete: la difficoltà maggiore è questa. Un difetto che definirei tipicamente del sud è quello di lavorare poco in sinergia. Il lavoro che porto avanti è proprio questo: mettere insieme le associazioni e i servizi che offrono, far conoscere i progetti che si realizzano sul nostro territorio – che sono tantissimi; far conoscere i tanti volontari e le tante personalità che rendono vivi i quartieri di Barra, San Giovanni e Ponticelli. Sono presidente da un anno e fin dal primo momento ho lavorato in questa direzione: far conoscere e portare alla luce le tante attività che si sviluppano nel territorio».
Quanto è difficile creare questa rete fra le varie associazioni, cooperative sociali, enti presenti sul territorio?
«Spesso si ha la tendenza a coltivare il proprio orticello: si può facilmente incappare in logiche di rivalità, soprattutto su progetti simili, quindi è complicato. Ma è una questione anche di abitudine: nella riunione della consulta che abbiamo fatto a maggio dello scorso anno eravamo in 8. Nell’ultima in 57. Questo significa che anche il territorio sente una reale esigenza di condivisione, di confronto, di ascolto reciproco, di comunicazione: qualcosa si sta muovendo in questo senso e la Consulta ha un ruolo sicuramente propositivo, anche rispetto alle problematiche che possono nascere con la Municipalità, come gli spazi assenti o chiusi. Svolgiamo un ruolo di stimolo, di tessitori della rete per far ascoltare e rendere note le esigenze delle stesse associazioni e cooperative: cerchiamo di fare il possibile».
Pensa che uno degli obiettivi per il futuro di Napoli Est possa essere una sinergia con le realtà produttive ed imprenditoriali del territorio o limitrofe?
«La prima cosa che ho proposto alla Municipalità, in questo senso, è proprio di adattare il nostro regolamento alla riforma del Terzo Settore: questo serve a presentare le realtà del territorio in modo diverso, più recettivo e aperto alle possibilità e all’integrazione come fa il progetto A.C.Q.U.A. Occorre far conoscere le attività che si fanno sul territorio e capire quale può essere una effettiva ricaduta per la collettività. La zona orientale è ricca di strutture comunali, ville e proprietà del Comune di Napoli che sono chiuse: una delle prime cose da fare è riprendere queste strutture, ristrutturarle e restituirle al territorio attraverso le associazioni».
Insomma, è importante trovare una nuova narrazione che dia spazio alle iniziative spesso silenziose.
«Si, infatti. Il compito della Consulta e il mio obiettivo primario da presidente è quello di far conoscere e valorizzare le tante attività e le tante persone – perché le attività si fanno perché le persone ci credono e si impegnano – e dare valore a questa filiera di valore».
Federica Colucci